Da sempre, nella grande pittura, la rappresentazione del paesaggio ha coinciso con una rappresentazione dell'anima. Un paesaggio di Velázquez a confronto con uno del Greco, vediamo subito che si tratta di ritratti dell'anima. Dal naturalismo più integrale all'espressionismo, le infinite possibilità espressive del paesaggio hanno da sempre sfidato le risorse tecniche della pittura.
Le più agguerrite tecniche di riproduzione fotografica non sono riuscite a scalzare la meraviglia provata dall'artista-pittore di fronte alla natura. Nell'epoca di ogni riproducibilità, la peinture de paysage resta per De Andreis una possibilità creativa «différents et encore inconnu».
Da sempre, dai primi paesaggi giovanili ancora astratti, De Andreis ha preso la natura a prestito per una sua rappresentazione interiore. La sua conoscenza dei grandi paesaggisti di ogni tempo, Seghers e Hobbema, Gainsborough e Fragonard, Corot e Cézanne, oltre ai moderni, gli ha permesso di scoprire visioni sempre inedite e personali della natura.
La verità del «paesaggio» diventa preda di calibrate ricognizioni formali, reinventate nel gioco di invenzioni sottili e invisibili. Atmosfere trascoloranti di una natura inquieta dove tagli di luce fredda intersecano piani prospettici e dettagli di ravvicinato realismo sempre confezionati in un estremo rigore formale. De Andreis riesce per cui a connettere con fare personale elementi tradizionali e sensibilità di oggi. Come in una composizione di Bach o Prokofiev, gli elementi del paesaggio diventano l'organico degli strumenti che costruiscono l'emozione concreta di una realtà trascendente.